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Tre colpi sparati contro la folla di manifestanti: Trump ordina la "liberazione di Los Angeles"
La "caccia all'uomo" contro gli immigrati clandestini iniziata il 6 giugno sembra non avere fine.
Nella mattinata dell'8 giugno, il primo contingente della Guardia Nazionale americana è entrato a Los Angeles. Nonostante la polizia della città avesse già dichiarato lo stesso giorno che le proteste si erano "concluse pacificamente", a mezzogiorno dell'8 si sono verificati scontri tra i manifestanti e la Guardia Nazionale. I funzionari della Casa Bianca, il governatore della California e il sindaco di Los Angeles, hanno inoltre espresso le loro opinioni, intensificando la "guerra verbale".
Secondo i media statunitensi, dopo l'uso di gas lacrimogeni e granate stordenti il 7, nel pomeriggio dell'8, ora locale, la polizia ha sparato proiettili non letali contro i manifestanti.
Riguardo alla "guerra di cattura" sempre più intensa, Trump ha dichiarato di voler "porre fine alle rivolte degli immigrati" e "liberare Los Angeles".
L'8 giugno, il responsabile delle questioni di frontiera della Casa Bianca, Homan, ha avvertito che se il governatore della California, Gavin Newsom, il sindaco di Los Angeles, Karen Bass, e altri funzionari locali avessero continuato a opporsi alle operazioni federali di controllo dell'immigrazione nei dintorni di Los Angeles, avrebbero potuto essere arrestati per reati gravi quali "favoreggiamento all'immigrazione clandestina" e "ostacolo all'applicazione della legge".
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